Scrittura (2012)

Freud fu un personaggio interessato all'arte, in particolare alle forme scritte (poesie, poemi e letteratura in genere) e alla pittura. In uno dei suoi saggi afferma che se interroghiamo un poeta sul come sia capace di suscitare stati d’animo attraverso le parole scritte, esso non sarebbe in grado di dare una risposta soddisfacente. E allo stesso modo anche colui che si sforza di conoscere perfettamente la metrica poetica e compone solo in base a questa conoscenza potrebbe non rendere lo stesso effetto emotivo attraverso le parole. Quindi si interroga sul come sia possibile questo, chiedendosi “dobbiamo provare a cercare le prime tracce dell’attività poetica già nel bambino?”. L’occupazione più intensa e preferita del bambino è il gioco. Forse si può dire che il bambino impegnato nel gioco si comporta come un poeta: in quanto si costruisce un suo mondo o, meglio, dà a suo piacere un nuovo assetto alle cose del suo mondo. Avremmo torto se pensassimo che il bambino non prenda sul serio un tale mondo. Egli anzi prende molto sul serio il suo gioco e vi impegna notevoli importi di affetto. Il contrario del gioco non è ciò che è serio, bensì ciò che è reale. Il bambino distingue assai bene il mondo dei suoi giochi, nonostante i suoi investimenti affettivi, dalla realtà e appoggia volentieri gli oggetti e le situazioni da lui immaginati alle cose visibili e tangibili del mondo reale. Soltanto questo appoggio distingue l’attività del gioco infantile dal fantasticare. Anche il poeta fa quello che fa il bambino giocando: egli crea un mondo di fantasia, che prende molto sul serio; che cioè, carica di forti importi d’affetto, pur distinguendo nettamente dalla realtà.

Quando il bambino è cresciuto e ha smesso di giocare, e dopo un certo numero di anni, diventando adulto può rendersi conto della assoluta serietà che egli attribuiva una volta al suo gioco infantile, e confrontando le sue severe occupazioni attuali con quei giochi infantili si libera dell’insopportabile oppressione della vita e si preoccupa ineffabile dell’umorismo. Infatti l’uomo non rinuncia mai ad un piacere, al massimo lo trasforma in un surrogato. L’adulto a differenza del bambino che può giocare anche da solo, per il solo piacere di giocare, si vergogna dei suoi desideri. È più disposto ad accettare e parlare di colpe anziché dei suoi pensieri intimi, che tiene gelosamente custoditi. Tuttavia è proprio nel confronto interno, della realtà con le proprie fantasie intime che genera l’umorismo, e che genera la comunicazione del proprio stato interiore.

Ciò che sta alla base dell’attività poetica, ciò che spinge l’uomo a scrivere – secondo Freud – è l’insoddisfazione, la frustrazione del desiderio. Di fronte all'offesa e all'insulto di questo desiderio negato o tradito, l’uomo ricorre infatti al surrogato di una soddisfazione meramente allucinatoria per mezzo del sogno, della fantasia e dell’arte. E a seconda che si privilegi l’aspetto positivo dell’appagamento del desiderio, oppure l’aspetto negativo dell’insoddisfazione e quindi dell’offesa e del trauma, ecco che ci troviamo di fronte a uno dei due poli dell’arte, ora intesa appunto come modalità dell’appagamento del desiderio, ora come modalità di difesa. Inoltre la scrittura, e l’arte in genere, sembrano un correttivo, una difesa. L’espressione non coincide necessariamente con la comunicazione. Il bisogno che l’uomo ha di esprimersi è infatti qualcosa di primario, di biologico. È un bisogno. Prima di diventare comunicazione il pianto o lo strillare del bambino appena nato, come l’urlo (metaforico e non) dell’uomo adulto esprimono tensione psichica collegata alla fame o alla paura o al dolore e il sollievo dell’apparato psichico, grazie a questa scarica motoria dell’urlo stesso. Crescendo il bambino, sano, impara intenzionalmente a usare queste reazioni di scarica. Attraverso la mediazione del pensiero e della verbalizzazione, cioè la concettualizzazione e la verbalizzazione del bisogno (di espressione), attraverso le associazioni tra il riconoscimento e l’accettazione del proprio bisogno e la sua comunicazione tramite la parola. In questo modo quella tensione psichica, questa energia, passa da uno stato di energia libera ad uno stato di energia legata. In questo senso la comunicazione non è tanto un voler comunicare qualcosa, quanto piuttosto un soddisfacimento di un proprio bisogno. Se ho sete avverto questo mio bisogno lo accolgo e lo soddisfo. Allo stesso modo se provo un dolore psichico o se provo paura, e soprattutto se so riconoscerlo, accattarlo e comunicarlo, porta ad uno stato di soddisfacimento e di passaggio di energia da libera a legata.

La teoria dell’arte come riparazione si sviluppa soprattutto all'interno della scuola inglese di Melanie Klein, servendosi di alcune intuizioni di Freud. Inoltre importante è stato anche il contributo di Proust e il lavoro del lutto. Il modello freudiano dell’arte, ritornando alla suddivisione di cui si diceva prima, cioè tra il fare arte come appagamento del piacere o come difesa, è più concentrato sul versante della difesa. Alla base del meccanismo riparativo dell’arte c’è l’elaborazione psichica dell’evento traumatico. Quando l’uomo infatti non riesce a liquidare direttamente, mediante la scarica emotiva, l’ammontare di affetto connesso al trauma tende ad esercitare su di esso, attraverso un lavoro di ripetizione collegato al ricordo. È quell'energia libera che non si lega o per meglio dire che non passa per la consapevolezza. In realtà non rimane “libera”. Attraverso il fare arte, attraverso la progettualità e la concretizzazione del lavoro si scarica quest’energia al fine di neutralizzare e controllare gli affetti connessi a determinati contenuti, utilizzando appunto due meccanismi complementari del lavoro sul lutto: l’abreazione e la ripetizione, che vedremo meglio nel capitolo quattro.

Fare arte non è solo il bisogno di espressione ma coincide sostanzialmente con l’esigenza di esprimere la propria psichicità, il proprio funzionamento psichico. Il proprio essere al mondo! Tra i meccanismi psichici fondamentali vi è senza dubbio quello dell’identificazione.

L’identificazione è l’atto di assimilare se stesso ad un altro (o viceversa) o ad una cosa. Tuttavia non si deve rimanere nello scontato, pensando solo che l’uomo si identifica con l’eroe della storia per appagare il suo desiderio. Freud a proposito dell’identificazione dice che è la strada che passando per l’imitazione, giunge all'immedesimazione, ossia al meccanismo mediante il quale ci è possibile prendere posizione nei confronti di un’altra vita psichica. Qui il concetto di identificazione va inteso nel suo senso tecnico, ossia la modalità di formazione dell’Io e del Super-Io, di cui Freud sembra sottolineare soprattutto l’aspetto attivo del processo facendolo coincidere con il meccanismo dell’introiezione (la forma più originaria di legame emotivo con un oggetto) nel senso che amare l’oggetto è in origine essere tutt’uno con lui, come il bambino con il seno materno. Ed è proprio questa fusione con l’oggetto, l’unione tra l’Io e l’oggetto amato che spiega come la perdita o la rinuncia agli oggetti investiti libidicamente venga compensata attraverso una serie di successive identificazioni con lo stesso oggetto che diventa parte dell’Io e del Super-Io e il lavoro del lutto. L’identificazione è dunque per Freud un modo in cui l’Io reagisce e si indennizza delle perdite oggettuali, l’oggetto perduto o abbandonato viene compensato introiettandolo nell’Io.

Durante la scrittura, nell’Io avviene una sorta di sdoppiamento, avremo un Io-passivo che soffre e subisce ed un Io-attivo che controlla ed elabora. Questo processo permette già di avviare una distanza emotiva alla fonte. Da un’emozione, per esempio, che mentre prima ci coinvolgeva completamente adesso si è in grado di scrutarla con la coscienza. Qualcosa di simile avviene nel sogno, quando si sogna e contemporaneamente si sa di sognare. Oltre allo scrivere l’attività riparativa passa attraverso il ricordo. La cosa scritta avviene sempre dopo e non prima o contemporaneamente all'esperienza vissuta. Ed è la consapevolezza di questo scarto tra presente e passato che avvia il processo riparativo. Come anche la ri-significazione della valutazione del contenuto appartenente all’esperienza passata. Una sorta di ristrutturazione. Un insight che collega presente e passato con una nuova attribuzione di significato. Questa ri-significazione è collegata al lavoro del lutto.

 

a cura di Giovanni Conte

(Settembre, 2012)

 (pubblicato su "counselingitalia.it")

 

Fonti:

  1. E. Sigmund Freud, Saggi sull’arte, la letteratura e il linguaggio, Bollati Borringhieri, trad.S. Daniele, E. Lucerna, L. Musatti e altri. London 2008
  2. Stefano Ferrari, Scrittura come riparazione, Laterzi, Roma 2003
  3. Lesile S. Greenberg, Sandra C. Paivio, Lavorare con le emozioni in psicoterapia integrata, Sovera, trad. C. Anagnostopoulos, Roma 2004, pag 25
  4. C. Feltham, W. Dryden, Dizionario di Counseling, Sovera, trad. Paola Crimini, Roma 1995
  5. Roberto Caterina, Che cosa sono le arti terapie, Carrocci, Roma 2008