Danza (2012)

L’obiettivo centrale della danzo-terapia è quello di raggiungere la capacità di osservare il proprio corpo e di accettarlo. Mira a ristabilire l’unità tra corpo e psiche, ciò implica prestare attenzione ai segnali che provengono dal corpo e quindi la capacità di osservarli, interpretarli e riprodurli in un contesto completamente diverso, dove assumono il valore di messaggi simbolici. È con il movimento che comunichiamo effettivamente le emozioni, nelle quali ci si può riconoscere e farsi riconoscere. Questa terapia, vista sia come sostegno sia come intervento autonomo, è particolarmente indicata nei casi molto gravi, in cui il rapporto con l’Io corporeo risulta estremamente indebolito dall'esistenza di un corpo immaginario fantasma, che prende il posto di quello vero. Per partecipare ad una seduta non è necessario essere ballerini né, al pari di tutte le altre forme di arte-terapia, occorre possedere particolari inclinazioni artistiche. Il semplice ascolto di un sottofondo musicale provoca reazioni, come tenere il ritmo con i piedi o con le mani. Quello che questa terapia tenta di fare è proprio esternare il mondo emotivo interno, attraverso il movimento, che oltretutto consente di prendere maggiore consapevolezza del proprio corpo.

La danzo-terapia nasce grazie a danzatori, coreografi e psicoterapeuti vicini alle posizioni di Carl Gustav Jung e Wilhelm Reich.

Esiste un variegato insieme di tecniche e teorie a cui si rifà la danzo-terapia: alcuni puntano alla componente etnico-culturale che propone una sorta di mix tra danze tribali e psicoanalisi; altri sono più vicini alla tradizione della danza occidentale come la danza-movimento-terapia. Non è facile orientarsi tra tanti modelli, spesso arricchiti da numerosi contributi di operatori esperti. Ci si limita ad osservare tanto nella danzo-terapia come nella musico-terapia e si possono rintracciare elementi profondi e arcaici della nostra psiche che in determinati contesti si possono rivelare di grande utilità per stabilire una relazione e un contatto con i pazienti. È di particolare interesse il movimento autentico, che appare vicino alla nozione di identità sonora (ISO) avanzata da Benenzon nel campo della musicoterapia. Il movimento autentico, in una certa misura, rinvia a un movimento unico per ogni individuo, che nell'attività spontanea di improvvisazione permette l’accesso agli strati più profondi della psiche. Questo concetto si fonda sul metodo di psicoterapia analitica junghiana dell’immaginazione attiva che comporta l’aprirsi all'inconscio mantenendo però il contatto con la coscienza.

Affinché questo lavoro risulti efficace, per la finalità terapeutica, è necessaria la presenza di un testimone ed una persona che si muove. I due agiscono in modo conseguente e determinato, entrambi formano la coppia paziente-terapeuta. Il cliente si lascia trasportare dalle proprie emozioni e dalle immagini che gli vengono suggerite dal suo mondo interiore attraverso l’articolazione dei movimenti ad occhi chiusi e il terapeuta lo osserva attentamente senza intervenire e, solo in seguito, lo aiuterà a verbalizzare il vissuto di questa esperienza. L’aspetto più importante di questo modello è rappresentato dal fatto che attraverso il movimento è possibile ritrovare il proprio Se osservatore.

     

a cura di Giovanni Conte

(Settembre, 2012)  

 

Fonti:

  1. Roberto Caterina, Che cosa sono le arti terapie, Carrocci, Roma 2008