Le arti-terapie hanno un lungo passato ma una storia scientifica relativamente recente. L'idea di base è che le arti abbiano un potere terapeutico, basti pensare al potere catartico della tragedia greca, alle danze e ai rituali degli sciamani, al potere dei suoni che influenzano uomini e animali.

La storia scientifica inizia invece con la nascita della cura della malattia mentale e con la nascita della psichiatria, in cui si verifica l’incontro tra l'espressione artistica dei pazienti e la potenzialità terapeutica in cui l’espressività viene organizzata in un percorso di cura Nella pratica psichiatrica la produzione espressiva e, in certa misura artistica dei pazienti, si manifestava con dipinti, suoni, poesie, movimenti sempre con maggiore crescita e sempre di maggiore importanza, tanto che cominciò a fare parte del processo terapeutico.

Si possono citare numerosi casi di artisti che conobbero gli ospedali psichiatrici ed elaborarono singolari prodotti espressivi che in qualche modo giovarono all'elaborazione delle loro sofferenze mentali, parliamo di Edvard Munch, Vincet Van Gogh, Ernst Kirchner, il danzatore Vaslav Nijnsky e altri.

Inoltre nel 1921 lo psichiatra berlinese Walter Morgenthaler pubblica un’importante monografia sul pittore Adolf Wölfli, suo paziente psichiatrico. Con questa occasione inizia la prima raccolta sistematica di prodotti artistici raccolti in un ospedale psichiatrico. Sarà poi nel 1945 con Jean Dubuffet e con la nascita dell’Art Brut che si comincerà a indicare le produzioni artistiche realizzate da persone rinchiuse negli ospedali psichiatrici.

Il momento in cui le arti-terapie incominciarono a costituirsi come un intervento autonomo può essere fatto risalire agli anni della seconda guerra mondiale negli Stati Uniti e in Inghilterra come protocollo riabilitativo per le nevrosi traumatiche legate agli eventi bellici. In quest’ambito il modulo terapeutico, pur rimanendo per certi versi ancorato all'assistenza psichiatrica, si articolò in un vero e proprio intervento di psicoterapia, individuale o di gruppo, che assunse una sua specificità e che mutuò dalla tradizione psicoterapeutica e psicanalitica la maggior parte delle sue regole strutturali e di setting. In particolare il rapporto paziente-terapeuta venne a costruire la base stessa dell’intervento e l’espressività fu utilizzata per costruire dei canali di comunicazione e per elaborare e modulare contenuti emotivi estremamente intensi e traumatici.

Le arti-terapie possono essere viste come attività di sostegno, volte all'integrazione del soggetto e al miglioramento delle sue capacità relazionali ed espressive, ma il loro senso più profondo risiede in un'approfondita capacità da parte dei clienti di osservare se stessi e di esprimere le proprie emozioni. Attraverso l'espressione artistica si vuole, quindi, produrre un percorso che riduca l'area del disagio sociale e favorisca, invece, i processi di socializzazione e la condivisione sociale di esperienze emotive.

Le arti-terapie si svolgono prevalentemente in un contesto non-verbale, tuttavia l’utilizzo del linguaggio verbale può riguardare alcuni aspetti importanti della pratica, poiché può avere una funzione associativa ed essere quindi utilizzato per trovare legami tra l’attività espressiva e l’esperienza personale del paziente, oppure può avere una funzione riflessiva, come l’impiego di diari o altre scritture.

 

a cura di Giovanni Conte

     (Settembre, 2012)